2020/carie

2020/CARIE

Percorrendo la A12 nel tratto successivo a Sarzana, compaiono sulla sinistra le Apuane. In ogni stagione appaiono costantemente coperte da un manto di neve ma in realtà, tutto quel riflettere è dovuto al marmo e alla sua polvere che di quei luoghi ne rappresenta la principale economia, la principale ricchezza, ostinazione, decadenza e bellezza. Di Fronte al mare e con un un’infinita serie di curve, la provinciale a si arrampica su una montagna ripida e selvaggia. La strada si avvolge alla montagna in un continuo destra e sinistra fino ad un piccolo spiazzo che si affaccia su una forra. Anche la strada sterrata che ci porta verso il basso, segue il profilo ondulato della montagna ma ad un tratto tutto si interrompe e il mondo “curvilineo” sparisce, lasciando improvvisamente il campo a qualcosa difficile da definire. Questo è il mondo delle cave: una serie di buchi, come carie si divorano ampi tratti di montagna, mozzando le vette e mangiando i pendii delle Apuane. Da millenni l’uomo ha inferto i suoi colpi a queste montagne a costo di sforzi difficili da immaginare e comprendere. Prima con le sole mani, ora a forza di mezzi meccanici figli legittimi dell’ostinazione umana. Ogni rotondità o curva è annientata dalla linearità quasi nauseante delle forme. Piani paralleli, ortogonali, incidenti si inseguono e si sovrappongono uno all’altro trasformando lo spazio attorno, in cui è difficile trovare riferimenti certi. Montagna, verticalità e ostinazione rappresentano l’anima di questi luoghi riportandoci in qualche modo all’anima dell’arrampicata. Dove l’arrampicatore esprime la sua ostinazione? Sulla verticalità e questo ne è il regno. Ed è cosi che spazi dimenticati diventano teatro per nuovi gesti che seguono la linearità delle forme tra fessure e tagli di cava, tutto ciò che ci circonda è lontano da ogni concetto di montagna e l’arrampicata si manifesta come unico mezzo per restituirgli la sua dignità e fascino.